Tra i cibi di ‘magro’ del giorno della Vigilia di Natale, a Benevento, a farla da protagonista era, ed è, senza dubbio, il baccalà.
Sarà il Concilio di Trento, nel 1563, a sancire l’obbligo di astinenza dalla carne per duecento giorni l’anno, raccomandando come piatto di magro proprio lo stoccafisso (essiccato al vento del nord) e il baccalà (messo sotto sale). Questo pesce ebbe un ruolo salvifico sulle mense della popolazione meno abbiente, vessata dalle intransigenti regole alimentari imposte dalla ‘Riforma’ cattolica.
Ad introdurlo in Italia sarà il navigatore veneziano Pietro Querini, il quale, riparato nelle isole Lofoten, durante una tempesta, si ciberà, per la prima volta, del sostanzioso merluzzo essiccato, prodotto tipico di quel luogo remoto. Il baccalà in Italia verrà ben accolto per il suo basso costo e per l’alto grado nutrizionale. Essiccato o sottosale, conserverà intatte tutte le sue proprietà proteiche. ‘Da sempre sinonimo di carenza alimentare, di un mangiar di magro’ scrive l’antropologo napoletano Marino Niola. Del resto, il baccalà era il tipico cibo dei canonici giorni di ‘magro’, il mercoledì e il venerdì, di pastori e contadini, i quali, abitando lontano dal mare, non potevano consentirsi il pescato fresco.
Da Venezia, il baccalà si diffonderà, ben presto, nel resto della penisola. Dopo il Veneto, la Campania sarà la regione dove maggiormente verrà consumato il pesce nordico. Dopo la caduta del Ducato di Benevento, saranno gli Aragonesi a introdurre l’uso del baccalà nella gastronomia sannita. Lo stesso nome ‘baccalà’ viene dallo spagnolo ‘bacaleos’, mentre, il nome ‘stoccafisso’ viene dal vichingo ‘stok-fiss’, ‘pesce bastone’, poiché, una volta secco, assomigliava ad un pezzo di legno.
Sono tanti i modi di cucinare il baccalà nella nostra regione. La parte più pregiata è quella dorsale, più spessa e morbida, detta ‘mussillo’. Noi abbiamo scelto di illustrare, per la nostra rubrica, un’antica ricetta beneventana, la zuppa di baccalà e cavolfiore, uno dei piatti tipici del periodo natalizio, immancabile dalle tavole sannite della vigilia. Si consuma, solitamente, nello spuntino di mezzogiorno, come ‘smorzafame’, insieme alle zeppole di pasta cresciuta o al baccalà fritto.
Una ricetta molto originale che vede questo pesce in accoppiata con il cavolfiore, l’uvetta, i pinoli, le noci, le prugne secche e i fichi secchi.
500 gr. di filetti di baccalà
2 peperoni sott’aceto
5oo gr. di cavolfiore
4 cucchiai di olio d’oliva
4 fichi secchi
8 noci in pezzi
1 cucchiaio di pinoli
1 cucchiaio di uvetta
4 prugne secche
1 spicchio d’aglio
In un tegame fate soffriggere l’aglio nell’olio. Aggiungete i peperoni tagliati in pezzi, i gherigli di noci, i fichi secchi, le prugne secche, l’uvetta, i pinoli, il cavolfiore già lessato. Dopo una ventina di minuti di cottura, a fiamma bassa, aggiungere i pezzi di baccalà, precedentemente dissalato. Lasciate cuocere il tutto per altri venti minuti, allungando con un po’ d’acqua calda.