Cremona o Benevento? L’interrogativo si pone a proposito della paternità di una delle glorie della dolciaria italiana, il torrone.
Per il prodotto cremonese, la sua origine va fatta risalire al 1441, quando, in occasione delle nozze tra Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, i pasticceri di corte elaborarono un dolce di mandorle e miele, ispirandosi, nella forma, alla torre della città. Mentre, per quanto riguarda il torrone beneventano, la sua origine sarebbe ben più remota.
“Nulla in Italia è più antico di Benevento” ebbe ad affermare Edward Hutton, scrittore e viaggiatore del XIX secolo, innamorato del sud d’Italia. E non solo per i suoi monumenti unici, ma anche per la sua gastronomia e dolciaria. Come non pensare, dunque, al suo prodotto più famoso, il torrone.
Secondo lo storico Tito Livio, questa leccornia sarebbe da far risalire addirittura ai Sanniti. Il poeta Marco Valerio Marziale, nel I secolo, nell’elencare i cinque prodotti rappresentativi di Benevento, la cipolla, la cervellata, il cardone, la corda, cita anche la “cupedia”, dal latino “cupiditas”, “desiderabile”, considerata antenata del torrone, dal quale si differenzia per la non tostatura delle mandorle. Il termine “torrone”, difatti, viene dal verbo “torreo”, che vuol dire “tostare”, riferito, in questo caso, proprio alla tostatura delle mandorle o delle nocciole “avellane”.
La fama del torrone di Benevento si diffuse in particolar modo nel XVII secolo. Durante il Regno Pontificio, il prodotto veniva mandato fino a Roma, in dono a prelati e ad esponenti del Papato. Non a caso una delle specialità prodotte, una vera leccornia, verrà chiamata, appunto, “Torrone del Papa”.
Ma saranno soprattutto i Borbone a valorizzare la “cupeta beneventana”, facendola diventare il dolce natalizio per eccellenza, inaugurando una tradizione che si è tramandata nei secoli fino ai nostri giorni. La “copeta” verrà menzionata anche da Giambattista Basile, ne “Lo Cunto de li Cunti” (1635), il quale ne indicherà gli ingredienti: “nocciole, miele e grano miscelati con sapienza dai ‘mastri copeta”’. Nel dizionario etimologico della lingua italiana, sotto la voce “copèta” si legge: ‘dolce fatto di mandorle e pistacchi o noci, e miele cotto; sorta di pasta con zucchero farcita di nocciole’.
Fino alla seconda guerra mondiale la “copeta”, prodotta artigianalmente nei vari laboratori beneventani, veniva offerta calda nel giorno di santa Lucia, il 13 Dicembre, in segno di buon augurio. Ricordiamo come, anticamente, sia il miele che le mandorle, erano considerati simboli di vita, di energia vitale, presso tutte le genti del bacino mediterraneo.
Il torrone, ricoperto di naspro o di grananella di zucchero si diffonderà nel XVII secolo in tre varietà: il “Perfetto amore” – ricoperto di cioccolato o polvere di caffè; l’”Ingranito” – arricchito da confetti cannellini – ed il “Torrone del Papa” – composto da zucchero, pinoli e frutta sciroppata.
Nell’Ottocento, a Benevento erano attive ben venticinque fabbriche, le quali si sbizzarriranno nella produzione di nuove specialità alle quali daranno nomi altisonanti come “Manfredi”, “Traiano”, “Principessa Giovanna”. Il “Torrone della Regina” era destinato alla corte di Ferdinando I di Borbone. L’utilizzo di metodi di produzione artigianali e il rispetto delle antiche ricette assicureranno al prodotto qualità e genuinità. Semplicissimi gli ingredienti: miele, albume d’uovo, mandorle. Una volta cotta, la massa morbida verrà avvolta in uno sfoglio cartaceo tipo ostia, per essere conservato meglio.
Agli inizi del ‘900, si assisterà ad un incremento della produzione con il sorgere di tante piccole aziende locali. Diverse saranno le varietà prodotte nei laboratori beneventani: quello bianco con mandorle, il torrone tipo “cupedia”, bianco con nocciole, quello bianco morbido con mandorle e il torroncino croccantino ricoperto di cioccolato, tipico di San Marco dei Cavoti.
Qui di seguito vi forniamo la più classica tra le ricette di “copeta”.
50 g nocciole
150 g mandorle
150 g noci
150 g acqua
240 g zucchero
160 g miele
2 albumi
1 baccello di vaniglia
ostie da pasticceria
Per prima cosa mettete tutta la frutta secca in una teglia da forno e infornate per 10 minuti a 150°, affinché si tosti. In un pentolino unite lo zucchero e l’acqua e fate scaldare sul fuoco a fiamma bassa. In un altro pentolino mettete il miele con il baccello di vaniglia e scaldate sino a che il miele non avrà raggiunto la temperatura di 120 gradi, quindi spegnete. Con le fruste elettriche montate a neve fermissima gli albumi e, subito dopo versate sopra ai bianchi d’uovo il miele e poi lo zucchero. Mescolate bene con un cucchiaio di legno e poi unite la frutta secca. Amalgamate il tutto mescolando bene. A questo punto foderate con carta da forno uno stampo da plumcake e poi adagiatevi sul fondo le ostie tagliate a misura. Versate sopra le ostie il composto, copritelo con altre, e livellate a 1,5 cm di spessore. Ponete lo stampo in frigo a raffreddare per almeno 10 ore.