Di pani e dolci dedicati ai vari idoli cristiani possiamo dire sia lastricata la storia della devozionalità occidentale. Cibo per il corpo, ma soprattutto, cibo per lo spirito. Cibo non solo per nutrirsi, ma per pensare, per pregare. Cibo per entrare in relazione con il divino.
E ciò perché l’alimento come offerta, come segno di devozione, da tempo immemorabile, costituisce uno dei tramiti privilegiati tra l’uomo e la sfera divina, feticcio di una cultura in bilico tra devozione e superstizione, tra sacro e profano, tra materialità e spiritualità. Il cibo quando incontra il rito diviene cultura, diviene sapere, diviene mezzo privilegiato per indagare la realtà, per arrivare all’anima ‘odorosa’ delle cose, al cuore di miti e riti antichissimi. Questo intreccio tra fede e farina lo ritroviamo nella festività di San Giuseppe. Puntualmente, nei giorni intorno al 19 di marzo, dedicato al padre putativo di Gesù, compaiono nei negozi e nelle pasticcerie le cosiddette “zeppole di San Giuseppe”.
Le prime zeppole le ritroviamo nell’antica Roma, nella festa detta “Liberalia”, che cadeva il 17 di marzo ed era dedicata alle divinità dispensatrici del vino e del grano. In loro onore si bevevano fiumi di vino al miele e spezie e si friggevano per strada delle frittelle di frumento molto simili alle nostre zeppole, chiamate “serpule”, per la loro forma che ricordava un serpente acciambellato su se stesso. Ricordiamo come il serpente sia un simbolo legato alle divinità pagane, riconvertito dalla simbologia cristiana in capro espiatorio di tutti i mali, presenza demoniaca e tentatrice da schiacciare, da esorcizzare.
Per venire ad un’epoca più recente, incontriamo la prima ricetta scritta delle zeppole in un ricettario del 1837 ad opera del marchese-gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti. Possiamo dire che Napoli possa essere considerata, a buon titolo, “capitale” di questo godurioso dolcetto di pasta fritta. Lo scrittore tedesco Goethe, in visita nel capoluogo partenopeo verso la fine del 1700, così scrive: “Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli, cioè venditori di pasta fritta…Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti… ”.
MARIA IVANA TANGA
Uova medie 3
Tuorlo 1
Burro 55 g
Acqua 250 ml
Farina 00 150 g
Sale fino q.b.
Tuorli 2
Amido di mais (maizena) 22,5 g
Baccello di vaniglia ½
Zucchero 70 g
Latte intero 200 ml
Amarene sciroppate 6
Olio di semi di arachide q.b.
Zucchero a velo q.b.
Preparate per prima la crema pasticcera, così che si raffreddi. Scaldate il latte in un pentolino con la bacca di vaniglia. Arrivato a bollore, spegnete e tenete da parte in caldo. In una ciotolina sbattete i tuorli e versate lo zucchero semolato, mescolate e unite l’amido di mais.
Togliete il baccello di vaniglia, versate un po’ di latte nella ciotola con le uova, zucchero e amido, mescolate prima di unire il tutto nel pentolino con il latte. Accendete il fuoco e mescolate con una frusta, fino a quando la crema non si sarà addensata (circa 10 minuti). Lasciate raffreddare a temperatura ambiente e trasferitela in una sac-à-poche con bocchetta a stella.
Versate l’acqua in un tegame capiente, aggiungete il burro a pezzetti e un pizzico di sale. A fuoco medio, mescolate per sciogliere il burro. Quando questo inizierà a scaldarsi, versate la dose di farina in una volta sola e continuate a mescolare. Il composto dovrà staccarsi dalle pareti del tegame: a quel punto spegnete il fuoco e versate il tutto in una ciotola. A parte, sbattete le 3 uova intere, versate il composto di uova nella ciotola con l’impasto, mescolando con un cucchiaio di legno fino a ottenere una consistenza liscia e omogenea. Versatelo in una sac-à-poche con una bocchetta a stella di 12 mm. Formate la zeppola premendo l’impasto a “serpente”. Friggetela in olio bollente fin quando prenderà un bel colore dorato. Toglietela dall’olio con un mestolo forato. Fatela asciugare su carta assorbente e quindi guarnitela sulla sommità con la crema pasticcera. Cospargete di zucchero a velo e, infine, decorate la zeppola con un’amarena sciroppata.